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Architettura di periferia: Luci ed ombre.


Il Circolo di Legambiente di Scampia ha voluto chiamarsi “la Gru” non soltanto per un riferimento esplicito al volatile che ispira un senso di libertà e leggerezza, ma anche per  la presenza, da sempre, nel nostro quartiere di altre “gru”, enormi, maestose, metalliche. In questo periodo esse imperversano a Scampia e la cosa ci fa piacere perché significa che si lavora, si realizzano progetti . Ma allo stesso tempo siamo assaliti dall’ansia e qualche domanda si fa pressante: “Sarà un’opera che soddisferà le esigenze e le attese della gente di Scampia oppure si tratterà di un’altra struttura buona solo per riviste di architettura?” “Si tratterà di un altro “megamostro” oppure di un’opera esteticamente apprezzabile?”

Utilità e bellezza rappresentano un binomio che potrebbe coesistere in una architettura, sia pure di periferia.

Vogliamo indagare su questo fronte con Dario Guglielmi, giovanissimo architetto del nostro quartiere, che ha già riscosso alcuni successi professionali, come è stato riportato, un po’ di tempo fa, anche da “Fuga di notizie”.

Da alcuni mesi, dopo una discreta attesa, è stata ultimata la Chiesa S.Maria di Maddalena a Scampia. E’una bella struttura realizzata anche con il tuo contributo. Brevemente, quali sono i motivi architettonici che ispirano questo edificio?

Lo spunto iniziale era quello di realizzare qualcosa di discreto e misurato che, per un gioco di contrasti, potesse  offrire un’ alternativa possibile alle “megastrutture” tipiche dell’edilizia delle nostre periferie. Al di là del risultato formale era importante fissare come vincolo il bisogno di edificare a “scala umana”, spazi percorribili in grado di offrire suggestioni, in cui si potesse provare l’emozione del senso di appartenenza, emozione spesso negata agli abitanti di Scampia. La suggestione si concretizza nella pianta a base circolare che avvicina l’osservatore al presbiterio, nel muro in pietra, nell’allusione al tema della “capanna” che caratterizza l’interno della copertura dell’Aula Liturgica, con la scansione tra pannelli in fibra di legno mineralizzato e nervature strutturali in cemento armato. Le nervature strutturali in evidenza incuriosiscono e la loro percezione trasmette all’osservatore un senso di solidità, le lunghe travi si riescono a percorrere con lo sguardo e inconsapevolmente si è portati ad osservarle dalla base (la dimensione umana, facilmente intuibile, 4, 5 metri , non di più…), fino alla testa, al grande stacco circolare e alla LUCE (la dimensione divina, imperscrutabile). L’asse altare-ingresso è orientato Nord-Sud, i finestroni del presbiterio danno quindi luce fredda che non abbaglia e ha colorazione costante, mentre la lunga parete curva dell’ingresso e il fascione di finestre servono a captare la luce del sole lungo l’asse Est-Ovest, dall’alba al tramonto. La copertura dalla doppia inclinazione ripara l’interno dell’Aula Liturgica dal sole violento d’estate e permette ai raggi del sole d’inverno, più bassi all’orizzonte, di entrare a riscaldare. Il campanile isolato è un simbolo dal sapore vagamente medievale, con la griglia in acciaio che lo caratterizza nella metafora  del presidio, dell’ avamposto.

Spesso i quartieri periferici sono i luoghi di sperimentazioni ardite dal punto di vista architettonico. Fai un quadro del nostro quartiere, indicando luci ed ombre presenti.

Nei quartieri periferici possono mancare riferimenti tali da responsabilizzare maggiormente le amministrazioni locali nel predisporre ed attuare gli strumenti di pianificazione urbanistica. Forse risulta difficile, entro l’orario d’ufficio, riuscire a sintetizzare in un disegno unico i bisogni, le speranze e le prospettive di un insieme disomogeneo di 30, 50, 80 mila persone che di fatto, unitamente al territorio, fanno le nostre moderne periferie. Spesso per “risolvere il problema” e trovare un accordo comune ci si affida a “grandi firme” indiscutibili, che, con sperimentazioni ed interventi simbolici, possano intervenire alla ridefinizione del territorio, ma spesso si perde il controllo. Probabilmente al momento le strategie più agili per affrontare problematiche complesse come quelle legate alle periferie, sono offerte da strumenti quali la “Conferenza dei Servizi”, della legge 241/90, recentemente aggiornata. Si tratta di strumenti che l’Ente Locale può adottare per promuovere un rapporto dialettico collegiale con una pluralità di soggetti al fine di chiarire in tempi brevi le reali necessità, bisogni e possibilità di un dato intervento.
Altro strumento che secondo me potrebbe essere positivamente impiegato per Scampia è quello del “Concorso di Idee”, in questo caso l’Amministrazione invita soggetti esterni alla predisposizione di progetti di qualità, idee, e nel contempo innesca un meccanismo in grado di attrarre attenzione, curiosità, opinione pubblica. Recentemente si è parlato di “concorsi di idee” per il quartiere De Gasperi di Ponticelli e prima per Bagnoli, Soccavo, Chiaiano e Pianura. Alla base ci sono però sempre le persone, una volontà comune e concreta di risolvere un problema.

Hai qualche idea sui cantieri in opera sul territorio? E, poi, qual è la tua impressione sull’entrata della Metropolitana? Molti hanno manifestato qualche perplessità, soprattutto per il gusto di “tipo cimiteriale”.

Ho apprezzato la realizzazione di nuova edilizia, la più semplice e senza pretese che si possa realizzare che forse può garantire un rapporto di vicinato più sereno e civile, finisce un incubo per molti nuovi inquilini. Sono favorevole all’abbattimento delle “Vele”, riconoscendo l’errore si può aspirare ad un reale miglioramento. Una delle disfunzioni principali del quartiere resta sempre l’enormità degli spazi e la loro impossibilità ad essere attraversati e vissuti. In questa direzione prediligerei una serie di piccoli interventi localizzati, ma legati ad un disegno unico di riqualificazione, integrando uffici a funzioni di commercio, artigianato, ristorazione, svago, approfondimento culturale. Ho paura delle grandi piazze, telematiche e non, intese come grandi contenitori vuoti, a Scampia non ne abbiamo bisogno. Il nuovo ingresso alla metro desta qualche perplessità, più utile ragionare su come rendere l’accesso il più funzionale e sicuro possibile, si invecchia aspettando le navette.                                                                                               

                                                                                                           Aldo Bifulco

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